Per la Procura di Catania non c'è dubbio, la mafia controllava parte dei festeggiamenti di Sant'Agata, ricorrenza che cade il prossimo cinque febbraio. Per otto persone, che sembrerebbero essere legate alla famiglia di Santapaola, il reato ipotizzato è quello di associazione mafiosa finalizzata ad ottenere ingiusti vantaggi.
Secondo l'indagine portata avanti dalla procura catanese il gruppo controllava la processione delle Candelore, ceri di legno intarsiato che, durante la festa, precedono il fercolo della patrona e che vengono fatte ondeggiare, "annacate", vistosamente dai portatori per essere spostate da un punto all'altro. Il ritmo delle candelore veniva deciso non per avere dei guadagni alti, ma per aumentare il prestigio del gruppo-
Gli indagati sono: Nino Santapaola, 47 anni, nipote del boss catanese, il figlio Francesco, 35 anni, Salvatore Copia, 38 anni, Enzo Mangion, 49 anni, Alfio, 35, Vincenzo, 31, e Agatino, 25 e anche l'ex presidente del Circolo S.Agata alla Collegiata, Pietro Diolosà, 54 anni.
Alcuni di questi decidevano le fermate delle candelore, scegliendo davanti a quali negozi sostare e per quanto tempo. Inoltre il percorso delle candelore scandiva anche quello del fercolo di Sant'Agata che in questo modo era destinato a rallentare il suo percorso, allungando così la processione e il giro d'affari spesso oltre l'alba del giorno dopo.
Intanto sempre intorno alle candelore si consuma l'ultimo atto che conferma la poca religiosità di alcuni dei momenti di una delle feste più importanti per tutto il popolo catanese. Un boss si è pentito e per questo dalla candelora viene tolto il suo stemma.