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Sembra il testo della canzone di Caparezza: "mio marito tornava a casa distrutto la sera" , quello che Monica Tabarrani, moglie dell'ex sindaco di Palagonia Fausto Fagone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e protagonista del famoso bacio con il boss Rosario Di Dio nell'Agip della Catania Gela si ripete ogni sera come un mantra, quasi a convincersene, e che dice in giro per il web e per la vita reale tentando di difendere a spada tratta il marito, che descrive come un uomo tutto d'un pezzo, che non ha mai commesso nessun errore.

faustofagone

Non voglio soffermarmi sui fatti giudiziari, ancora in corso, e su tutte quelle vicende che raccontano la storia di questo paese, Palagonia, vittima purtroppo di una storia di scellerate amministrazioni comunali.

Voglio porre l'accento su un fenomeno secondo me tutto Italiano e Siciliano molto, che racchiude in se quella cultura che poi sboccia in tante altre cose ma che secondo me è proprio l'humus, il terriccio insipido su cui si poggia la struttura mentale che prepara la gente ad accettare, subire le organizzazioni malavitose.

Quello strenuo ed ottuso difendere un proprio parente anche se è evidente che abbia sbagliato, la mogliettina dedita al focolare domestico ed alla cura della prole non disubbidisce mai al marito padrone neanche quando questo tiene in piedi le fila di una famiglia mafiosa, neanche come quando, in questo caso, amministra un comune di 17 mila anime baciando ed incontrandosi con persone che per mestiere ammazzano altre persone.

Mi pare di essere catapultato in una puntata dei Soprano, la famosa serie tv che andava sulla fox con Gandolfini, la moglie di Tony (il boss) criticava il marito in privato ma lo difendeva a spada tratta in pubblico, "mio marito", diceva, è una persona onesta, un buon padre di famiglia.

Torna anche questa tiritera di solito, come una poesia imparata a scuola, " il buon padre di famiglia", come se essere un buon padre sia automaticamente motivo che permette di commettere qualsiasi reato o assumere qualsiasi comportamento.

Questo articolo nasce dall'esigenza di tenere sempre alta la bandiera della legalità in Sicilia, contro chi denigra e offende chiunque nomini la parola Mafia sempre seguita dalla parola merda. Per chi i mafiosi non li bacia ma li ignora, li combatte e li critica, in nome di tutte queste persone ho dovuto rispondere dopo aver subito l'attacco della Tabarrani su Facebook, dove, come colpa personale c'è sempre quella di dire liberamente quello che in un paese civilizzato non sarebbe necessario neanche dire.

Restituisca la signora la dignità ai cittadini Palagonesi che suo marito tolse loro quando si prostrò di fronte al male assoluto, a colui che come tanti altri ha seminato il sangue e l'ignoranza, a quel boss noto come Rosario Di Dio che dalla sua stazione di servizio, ancora operativa, come un ombra si insinuava nella vita pubblica del nostro paese grazie a chi lo permetteva. 

Rispondo a Monica dalle pagine del mio " giornalino " come lo ha chiamato lei stessa, adirata forse dal fatto che in questo giornalino non si sono mai fatti sconti su nessuno, non ci sono amici degli amici qui da rispettare, ed è veramente liberatorio poter rispondere a cuore aperto, con faccia pulita, dicendo quello che si pensa senza dover renderne conto a nessuno.

Se solo carissima tu potessi respirare a pieni polmoni il profumo della libertà, ne rimarresti affascinata e capiresti perchè tanta gente preferisce morire libera piuttosto che vivere da schiava.

Ti dico una cosa, non ho dubbi che tuo marito sia un buon padre di famiglia, ma se tu invece vuoi essere una buona madre, devi insegnare ai tuoi figli che la difesa ad ogni costo non va bene, il rispetto della legge, della giustizia, che baciare i mafiosi è sbagliato, che la mafia non è una barzelletta, mafia significa morte e disperazione per questa terra.

Il resto è aria fritta. 

Un caro saluto, Luca Conti